Il workplace come microcosmo urbano
Il restyling di appartamento nel centro di Roma ha trasformato la struttura originaria in un workplace che ripensa la relazione tra spazio, chi lo abita e la città

Crediti fotografici: Carlo Oriente Fotografo di architettura e interni
La tipologia è quella tipica di un’abitazione, ma lo spazio non lo è più. Qui non si vive, si lavora. E si lavora in un luogo che non assomiglia agli uffici tradizionali: non c’è rigidità, non c’è freddezza.
Il restyling, a firma di dall’architetto Michela Ekström, ha trasformato la struttura originaria in un workplace che ripensa la relazione tra spazio, chi lo abita e la città.
Gli uffici sono quelli di Assoram, l’associazione nazionale che rappresenta oltre cento aziende della distribuzione e dei servizi nel settore healthcare dei prodotti farmaceutici, parafarmaceutici, cosmetici, dispositivi medici e sanitari a uso umano e veterinario.
La metamorfosi degli spazi parte dal colore. Ocra, rosso mattone, verde e blu tingono le pareti, richiamando le tonalità della capitale. Non sono citazioni decorative, ma frammenti di Roma, reinterpretati per creare connessioni tra interno ed esterno. Ogni stanza ha una propria identità, diventando un piccolo microcosmo che dialoga con la città. Gli ambienti non sono più semplici contenitori funzionali: ogni spazio è progettato per stimolare emozioni, concentrazione, creatività.
Il corridoio, da elemento distributivo, si trasforma in un asse narrativo. Collega le stanze come tappe di un percorso, unendo storie e atmosfere diverse. Le porte non sono più soltanto ingressi, ma cornici che rivelano nuovi mondi. Dentro ogni stanza, le fotografie di grande formato di Ernesta Caviola amplificano la narrazione: immagini che non decorano, ma aprono prospettive, creando connessioni tra reale e immaginario. Sono visioni che dilatano lo spazio, sfidando la rigidità della pianta e moltiplicando le percezioni.
Non è solo uno spazio funzionale, ma un luogo che prova a restituire centralità al corpo e ai sensi. Qui il colore non si limita a definire l’ambiente: diventa uno strumento di relazione, un mezzo per abitare lo spazio in modo più profondo. La luce, le immagini, le soglie che si aprono da una stanza all’altra trasformano l’ufficio in un microcosmo che respira insieme alla città.
