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Salute e nuove tecnologie digitali: che cosa ci riserva il futuro?

A quali problemi fisici e psicologici stanno andando incontro i lavoratori? Quali rischi per la salute dovremo affrontare nell’utilizzo delle moderne tecnologie dotate di schermo? E, soprattutto, come li potremo valutare e gestire in azienda e… dintorni?

L’utilizzo dinamico e pervasivo dei dispositivi portatili dotati di schermo, l’introduzione in ogni ambito produttivo di device dai vari utilizzi e la comparsa di nuove tecnologie, caratterizzano l’attuale realtà.

Tuttavia, mancano i riferimenti scientifici a riguardo e la legislazione non riesce a tenere il passo dell’evoluzione tecnologica. Così le aziende, pur percependo casi di disagio o un malessere diffuso fra gli operatori, rimangono disorientate e prive di strumenti per affrontare le nuove problematiche fisiche e psichiche conseguenti all’utilizzo di tali strumenti, con conseguenze sulla salute e produttività.

Ma se a livello nazionale, nell’ambito della medicina del lavoro, il tema è ancora poco avvertito e la letteratura scientifica è carente, a livello europeo si registra una maggiore attenzione.

Per esempio, sono già in cantiere modifiche della Direttiva in materia di Sicurezza e Salute sul ‘lavoro al videoterminale’, che è stata recepita dalla nostra Legislazione con la pubblicazione del vigente D.Lgs.81/08 e s.m.i.

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) ha inaugurato la campagna triennale (2023-2025) ‘Ambienti di lavoro sani e sicuri’, che intende sensibilizzare in merito all’impatto delle nuove tecnologie digitali sul lavoro e sui luoghi di lavoro e alle correlate sfide e opportunità in materia di salute e sicurezza. Tra gli obiettivi della campagna l’assunzione della consapevolezza che “la digitalizzazione sta cambiando rapidamente il mondo del lavoro e richiede soluzioni nuove e aggiornate in materia di sicurezza e salute sul lavoro”.

Del resto EU-OSHA ha già espresso preoccupazione su questi temi, dal rischio ‘prolungata seduta statica’, responsabile di problemi metabolici e cardiovascolari, neoplastici e psichiatrici, all’utilizzo professionale dei dispositivi di realtà virtuale ed aumentata, che possono determinare sovraccarico mentale, cinetosi ed astenopia.

Ma i timori si estendono all’esposizione a sostanze pericolose e polveri, prodotti dalle ‘stampanti 3D’, all’intreccio fra disturbi muscoloscheletrici e psicosociali, ai rischi da conduzione ‘in remoto’ di molteplici mezzi, dagli escavatori alle gru ed alle navi, e alla necessità di adattare individualmente le postazioni dotate di uno schermo in presenza di menomazioni o problemi di salute.

In questo caso viene raccomandata la corretta gestione della postazione di lavoro in caso di disabilità temporanea, o definitiva, al fine di prevenire discriminazioni e valorizzare al meglio la capacità lavorativa residua dell’operatore, non dimenticando che in Italia l’INAIL già finanzia progetti di adeguamento del posto di lavoro (Accomodamento ragionevole, Legge 190/2014).

A livello mondiale le Istituzioni si sono dimostrate sensibili al tema ‘digitalizzazione’ soprattutto con il lockdown emergenziale, che ha spinto notevolmente la diffusione del ‘lavoro in remoto’, meglio noto come ‘lavoro agile’ o ‘smart working’, e prodotto nuove criticità, sia di tipo tecnologico che organizzativo.

Per esempio, l’International Labour Office (ILO), approfondendo le specificità del ‘teleworking’, raccomanda la prevenzione delle problematiche muscolo-scheletriche e del benessere mentale (‘work-life balance’), tramite la dotazione ergonomica della postazione, l’adeguato supporto all’operatore e la corretta organizzazione del lavoro, ma anche la prevenzione dei disturbi oculo-visivi.

A questo proposito non vanno sottovalutate le ricerche cinesi degli ultimi anni sugli effetti della ‘luce blu’, né ignorata l’affermazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2017), che attribuisce all’impegno visivo ‘statico, protratto e ravvicinato’ almeno la co-responsabilità dell’incremento dei casi di miopia nel mondo: “There is published evidence that excessive near work increases the risk of myopia”.

Perciò, al fine di fronteggiare capillarmente i diversi rischi psico-fisici che si affacciano all’orizzonte, ILO chiede espressamente ai Servizi di medicina del lavoro degli Stati membri, di garantire supporto ai lavoratori per la loro salute ‘ergonomica’, mentale e psicosociale.

E in Italia, come vanno le cose?

Nei luoghi di lavoro il tema della digitalizzazione non gode particolare interesse, così come l’attenzione verso la ‘salute mentale’ tuttora rimane bassa.

Nelle aziende i rischi psicosociali vengono considerati soltanto all’interno della valutazione dello stress lavoro correlato. Tuttavia questo percorso si traduce spesso in un documento formale e sterile, mentre è sostanzialmente ignorato l’art.174, comma 1 lettera b D.Lgs.81/08 e s.m.i. nella voce che obbliga i datori di lavoro alla valutazione dei ‘problemi legati all’affaticamento mentale’.

L’unico tema legato alle tecnologie digitali, che gode attualmente di una certa popolarità, consiste nel riconoscimento di alcuni casi di neurinoma del nervo acustico in lavoratori precedentemente esposti ai campi elettromagnetici prodotti dai telefoni cellulari aziendali. Tuttavia, l’aspetto curioso è dettato dalla mancanza di dimostrazioni scientifiche del nesso di causalità tra rischio specifico e tumore del nervo acustico e il susseguirsi di sentenze che lo confermano, destando disorientamento fra tutti gli addetti ai lavori.

Considerato anche il crescente utilizzo di ‘wearable devices’ (dispositivi elettronici indossabili), si rende necessario un rilancio della ricerca verso l’esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dalle nuove tecnologie.

La meta-realtà lavorativa

Se guardiamo al prossimo futuro, la novità principale é rappresenta dal ‘metaverso’. Si tratta di un mondo virtuale tridimensionale, che nasce con l’obiettivo di sostituire molte interazioni del mondo reale, sia sociali che lavorative. L’esperienza nella realtà parallela è mediata da un visore, che sostituisce lo schermo e consente di muoverci e compere varie azioni in diversi spazi virtuali.

Perciò a livello lavorativo potremo vivere una esperienza completamente immersiva, durante la presentazione di un evento o una riunione di affari, nell’ambito dell’aggiornamento professionale oppure in una sessione di addestramento, che rivoluzionerà il concetto di ufficio nei prossimi anni.

Si può allora immaginare che verranno messi a dura prova gli organi di senso e la sfera neuropsichica in particolare, con modalità, e soprattutto conseguenze per la salute, non del tutto prevedibili al momento attuale.

Evidentemente questi nuovi mondi virtuali dovranno essere regolamentati, ma diverse imprese multinazionali sono già sbarcate nella ‘meta-realtà’ e presto dovremo fare i conti con scenari oggi imprevedibili.

E allora, come possono le aziende prepararsi al futuro che è già alle porte?

Al di là di prossime cornici legislative e di auspicabili orientamenti condivisi, le modalità di lavoro tecnologiche richiedono più moderne capacità di analizzare i rischi e soprattutto di proporre soluzioni, come suggerito dalle principali Istituzioni internazionali.

In particolare va posta attenzione alla salute mentale, da troppo tempo trascurata dal mondo del lavoro, e adesso di crescente attualità nelle nuove organizzazioni del lavoro supportate dalla tecnologia digitale, che ormai propone diverse problematiche, legate al prolungato sovraccarico informativo cerebrale, riconducibili alla voce ‘technostress’.

Ma alla base dell’interazione ‘uomo-macchina’ risiede un fattore, il ‘carico di lavoro mentale’, la quota parte della capacità utilizzata per eseguire un determinato compito. Perciò misurare il carico di lavoro mentale significa valutare se il ‘carico’ al quale è sottoposto il lavoratore è adeguato, oppure in grado di produrre affaticamento mentale. Ma il fine ultimo consiste nel predisporre le misure necessarie a prevenire strain (effetto immediato) e stress negativo (distress, a lungo termine), migliorando le performances dei lavoratori, oltre a recepire lo specifico obbligo di Legge, già ricordato.

Questo riferimento all’ergonomia cognitiva consente di comprendere come il medico del lavoro, unitamente alle altre figure della prevenzione aziendale, dovrà dotarsi di nuovi strumenti in grado di gestire i rischi emergenti nell’ambito di una consulenza a carattere globale, peraltro già prevista dalla Legislazione vigente.

Una proposta italiana

In questo scenario variegato, caratterizzato da nuove sfide e zone d’ombra, Santucci Studio Medicina del Lavoro con CESVOR ha raccolto le sollecitazioni provenienti da Enti e Istituzioni internazionali, realizzando in tre anni uno strumento innovativo per la valutazione dei rischi, fisici e psichici, ambientali e organizzativi, per le attività condotte attraverso tecnologie dotate di schermo (videoterminale).

Si tratta di VIRA (VDT Integrated Risk Assessment), un metodo già utilizzato con successo in diverse aziende con l’obiettivo di garantire benessere, con riferimento sia alla ‘modalità ibrida’ attuale, caratterizzata da attività agile tramite i tradizionali dispositivi portatili, sia in futuro alle realtà virtuali o ‘aumentate’ che introdurranno nuovi devices, visori e altre avveniristiche modalità di relazione e comunicazione.

Ma di che cosa si tratta nello specifico?

Il metodo VIRA è dedicato a chi lavora con qualsiasi dispositivo dotato di schermo in diversi contesti lavorativi e consente di valutare nel rispetto delle Norme tecniche, oltre alle modalità di esposizione ai rischi, le eventuali suscettibilità individuali e gli effetti sulla salute. Il prodotto finale è costituito dal calcolo di un indice di rischio, sia individuale che di gruppo, ottenuto tramite una matrice tridimensionale, ma soprattutto dalla individuazione degli interventi migliorativi più idonei.

La qualità della valutazione é garantita dagli autori, il sottoscritto e Carlo Bisio, professionisti del settore che hanno sviluppato questi temi da diversi anni, attraverso testi e pubblicazioni, comunicazioni congressuali ed esperienze sul campo. Il ‘team’ comprende anche esperti di statistica e di informatica che consentono di analizzare dettagliatamente ogni contesto aziendale, grazie alla somministrazione di una Lista di controllo e di un Questionario, appositamente realizzati e soggetti a periodico aggiornamento in base alle esperienze sul campo ed al progresso tecnologico.

Inoltre, VIRA è utilizzabile anche in autonomia e a titolo gratuito, rispettando le condizioni contrattuali previste, tuttavia gli autori consigliano e sono disponibili, almeno in una prima valutazione, a un supporto consulenziale personalizzato.

Conclusioni

L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni sta trasformando rapidamente ambienti e organizzazioni del lavoro, soprattutto nel terziario e negli uffici, rendendo ormai superate le Norme di Legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed anacronistica la letteratura scientifica del settore.

Sullo sfondo la difficoltà di Enti ed Istituzioni, consulenti tecnici e sanitari ad assumere consapevolezza di un mondo del lavoro in profonda trasformazione che, proponendo nuovi rischi tecnologici ed organizzativi, richiede strumenti moderni e protocolli condivisi in grado di fornire al più presto risposte efficaci a lavoratori e imprese.

In Italia è stato recentemente introdotto un nuovo metodo (VIRA – VDT Integrated Risk Assessment) in grado di valutare ogni rischio legato ad attività lavorative svolte tramite strumenti informatici dotati di schermo.



A cura della redazione

Officelayout è la rivista di Soiel International, in versione cartacea e on-line, dedicata ai temi della progettazione, allestimento e gestione degli spazi ufficio e degli edifici del terziario

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