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Una scienza applicata in ufficio: i protocolli del Biophilic Design

I protocolli biofili più accreditati dalla comunità scientifica sono strumenti fondamentali per applicare correttamente i principi biofili nella progettazione degli ambienti ufficio

di Bettina Bolten, biophilic design consultant (*)

Nella prima puntata uscita su Officelayout 194, abbiamo visto perché la progettazione biofila viene integrata sempre di più nella pianificazione degli ambienti ufficio, trattandosi di una disciplina che si pone come fine ultimo l’ottimizzazione dei luoghi di lavoro, rendendoli più salubri e garantendo il benessere e la salute delle persone. Con questa seconda puntata della rubrica ci addentreremo nella parte tecnica di questa disciplina fondata su solide evidenze scientifiche. Un excursus sulla nascita e lo sviluppo dei protocolli biofili maggiormente riconosciuti dalla comunità scientifica.

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I protocolli del Biophilic Design

Diversi sono i protocolli ed elenchi complementari di elementi, modelli, attributi e temi del Biophilic Design elaborati negli ultimi vent’anni come risultato di studi, esperienze e punti di partenza differenti.
Le prime a definire le caratteristiche che dovevano avere gli edifici biofili furono la psicologa ambientale Judith Heerwagen e l’esperta Betty Hase (“biophilic buildings”) che, in uno studio pubblicato nel 2001, collegano ventiquattro attributi e qualità naturali a otto caratteristiche biofile (vedi Heerwagen, J.H. y B. Hase (2001). Building Biophilia: Connecting People to Nature in Building Design. US Green Building Council).
Questo primo lavoro, provvisorio, è stato portato avanti dall’ecologo Stephen Kellert, che per lunghi anni studia i numerosi effetti benefici della Natura sull’uomo, contribuendo insieme al biologo Edward O. Wilson a definire l’ipotesi della biofilia. Kellert cerca di coniugare le sue competenze di ecologo con la progettazione di ambienti rigenerativi. Con la consapevolezza della crescente disconnessione dell’essere umano dal mondo naturale e delle conseguenze, anche gravi, che questo può avere per la salute fisica e psicologica, l’ecologo si pose la domanda: come le persone possono essere (ri)avvicinate alla Natura e beneficare di questo contatto, senza per questo doversi necessariamente spostare in ambienti naturali? L’elaborazione di questo principio culminò nel libro «Biophilic Design: The Theory, Science, and Practice of Bringing Buildings to Life» del 2008 nel quale Kellert propone un’interpretazione sistematica del design biofilo. Il framework che ne è scaturito diventò il punto di riferimento per qualsiasi studio successivo nell’ambito del Biophilic Design.
Nel suo approccio Kellert riconosce due dimensioni del Biophilic Design: la prima è una dimensione naturalistica, ispirata alla biofilia che si è affermata geneticamente durante il periodo del Paleolitico; la seconda è una dimensione vernacolare, sviluppata dopo il periodo del Neolitico. A queste due dimensioni del Biophilic Design Kellert collega sei elementi: caratteristiche dell’ambiente; forme e moduli/modelli; pattern naturali e processi; luce e spazio; relazioni legate al luogo e relazioni evolutive uomo-natura. All’interno di questi sei elementi, Kellert individua settantadue attributi del Biophilic Design.

Nello stesso libro, Jenifer Seal Cramer e William Dee Browning individuano tre categorie preliminari del Biophilic Design, sulle quali si baserà la società di consulenza edilizia Terrapin Bright Green per delineare un framework empirico di quattrodici modelli di progettazione biofila (Browning et al., 2014), ai quali nel 2020 è stato aggiunto un quindicesimo modello.

Di seguito le tre categorie individuate da Jenifer Seal Cramer e William Dee Browning e i relativi modelli:

Natura Nello Spazio
01. Connessione visiva con la natura
02. Connessione non visiva con la natura
03. Stimoli sensoriali non ritmici
04. Variabilità termica e del flusso d’aria
05. Presenza di acqua
06. Luce dinamica e diffusa
07. Connessione con sistemi naturali

Analoghi Naturali
08. Forme e modelli biomorfi
09. Connessione materiale con la natura
10. Complessità e ordine

Natura Dello Spazio
11. Prospettiva
12. Rifugio
13. Mistero
14. Rischio/Pericolo
15. Meraviglia

Nel 2015 Stephen Kellert e l’architetto Elisabeth Calabrese semplificano il primo framework messo a punto da Kellert nel 2008, proponendo un quadro che, da settantadue attributi, passa a ventiquattro attributi racchiusi all’interno delle tre categorie: esperienza diretta della natura; esperienza indiretta della natura ed esperienza dello spazio e del luogo.

Nel tempo, i quadri definiti da Terrapin Bright Green e da Kellert e Calabrese sono stati rivisti e aggiornati dai loro sostenitori (Browning e Ryan, 2020; Kellert, 2018).

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Un protocollo scientifico con solide basi teoriche

Nel 2020 è stato pubblicato un altro framework da Bettina Bolten e Giuseppe Barbiero. (vedi Bolten, B., Barbiero, G. – 2020 Biophilic Design: How to enhance physical and psychological health and wellbeing in our built environments, Visions of Sustainability).
Sulla base di solidi studi di biologia e psicologia evoluzionistica, sono stati individuati inizialmente sette temi del Biophilic Design che sono stati ampliati fino ad arrivare a dieci temi. Gli autori partono dai due importanti concetti evoluzionistici di ‘rifugio’ e di ‘risorse’ che comprendono le necessità basilari di ogni essere umano.
Il primo gruppo di temi biofili che comprende le tematiche di luce, protezione e controllo, aria, vedute/ panorami, sembra soddisfare la nostra ricerca di un luogo sicuro in cui vivere.
Il secondo gruppo comprende invece temi come la vegetazione; acqua; odore; suoni; curiosità; forme/materiali/finiture/colori e sembra essere più legato alla ricerca delle risorse indispensabili per sopravvivere. (vedi Bolten B., Barbiero G. (2023) Biophilic Design: 9 ways to enhance physical and psychological health and wellbeing in our built environments, Springer Nature)
Da quest’ultimo protocollo è nato il credito pilota 106 Biofilia del certificatore Green Building Council Italia.


* L’autrice dell’articolo – Bettina Bolten – Nata in un piccolo paese vicino a Düsseldorf in Germania, circondato da boschi, laghi e fiumi, dove trascorre i primi 18 anni della sua vita, decide di si trasferirsi per gli studi a Milano. Per più di 15 anni si occupa di design e brand management, trend research e consulenza strategica per le aziende dell’arredamento internazionali nel segmento lusso. Ad un certo punto sente la necessità di cambiare radicalmente la sua vita professionale e di impegnarsi con la Natura. Da quasi 10 anni si occupa di ricerca, divulgazione, formazione e consulenza nell’ambito della biofilia e della progettazione biofila con un approccio scientifico. È affiliata con il centro di ricerca GREEN dell’Università della Valle d’Aosta.  bettina.bolten@hotmail.com

Officelayout è la rivista di Soiel International, in versione cartacea e on-line, dedicata ai temi della progettazione, allestimento e gestione degli spazi ufficio e degli edifici del terziario

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