Cristina Tajani

Assessora alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive e Risorse Umane del Comune di Milano

Beneficiare dei vantaggi dello smart working, senza vivere le difficoltà che l’home working ha messo in evidenza in questo periodo di emergenza. Ma anche ridurre al minimo gli spostamenti, a favore di una rinascita della vita e delle attività economiche di quartiere, secondo un modello di città policentrica, ispirata al concetto di “città dei 15 minuti”: reinterpretazione dell’idea di prossimità, orientata a uno sviluppo urbano sostenibile.
Nasce con queste premesse la sperimentazione “near working” inserita nelle linee di indirizzo per l’attuazione di proposte orientate al decongestionamento del traffico approvate dalla Giunta del Comune di Milano. Un’alternativa che permetterà a una larga quota di dipendenti comunali di lavorare nei pressi della propria abitazione, ma non da casa, traendo i benefici di un migliore work life balance, ma con la garanzia di poter svolgere il proprio lavoro al meglio in un ambiente confortevole e con le giuste dotazioni tecniche.
Con Cristina Tajani, assessora alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive e Risorse Umane del Comune di Milano, approfondiamo le fasi di avvio della sperimentazione, che ha tutte le premesse per diventare un modello applicabile anche al settore privato.
.

Come nasce e che obiettivi si pone il progetto “near working” attivato in via sperimentale dal Comune di Milano?

Il progetto nasce da una serie di azioni pregresse sviluppate negli anni attraverso la giornata del lavoro agile, successivamente estesa a un’intera settimana. Esperienza che ha permesso al Comune di acquisire le competenze tecniche e di sviluppare competenze strutturali e di visione per mettere i lavoratori nella condizione di lavorare al meglio.
Quando c’è stato il primo lockdown, abbiamo capitalizzando l’esperienza fatta negli anni precedenti, con un vantaggio sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista delle procedure che consentivano al lavoratore di svolgere la propria attività a distanza. Vantaggio che ci ha permesso, dall’oggi al domani, di passare dal gestire 350 lavoratori in smart working a 7000 impiegati del comune di Milano che, in varie modalità, svolgevano lavoro da remoto.
Il progetto “near working” nasce contestualmente a questo primo periodo di pandemia che ha portato a una ridefinizione delle modalità dei tempi e dei luoghi del lavoro. Si è pensato di offrire al lavoratore, impossibilitato a svolgere la propria attività da casa, strutture idonee nei pressi dell’abitazione, per coniugare una migliore qualità della vita con una maggiore efficienza sul piano lavorativo.
.

Quali saranno i tempi e le tappe di attuazione?

Alla fine del mese di febbraio il Comune di Milano ha messo a punto le linee guida che indirizzano le attività dell’amministrazione verso uno sviluppo del “near working” e dello smart working. Stiamo sviluppando POLA, il piano operativo del lavoro agile, per consentire al lavoratore di svolgere la propria attività con orari più flessibili, senza un rapporto diretto con la sede del lavoro. Cambia anche il rapporto di lavoro, la persona non viene valutata in relazione alla sua presenza in ufficio, ma per gli obiettivi raggiunti e per la qualità del lavoro svolto. Si attribuisce quindi una maggiore responsabilità al lavoratore.
Prevediamo di attuare il progetto nell’arco di un anno, tenuto conto che nel mentre ci saranno nuove elezioni amministrative e quindi si dovrà capire se il nuovo percorso sarà seguito anche dalla nuova amministrazione.
.

Quante persone saranno coinvolte? E che estensione territoriale avrà il progetto?

Con lo smart working abbiamo coinvolto circa 7.000 persone, dei quali 5.000 in base stabile, su un totale oltre 15.000 dipendenti del Comune di Milano. In questo momento siamo ancora in una fase iniziale di confronto, verranno messi a punto più avanti ulteriori dettagli procedurali e tecnici per passare alla fase operativa.
Saremo presenti su tutto il territorio comunale, attivandoci su due fronti: spazi di proprietà dell’amministrazione o appartenenti a società partecipate dal Comune di Milano e spazi di coworking gestiti da società private. Questi ultimi includeranno le realtà negli anni addietro hanno aderito alle iniziative di lavoro agile del comune di Milano e nuovi spazi frutto di convenzioni stipulate ad hoc con le strutture abilitate. Ad oggi l’albo dei coworking convenzionati con il Comune di Milano conta un centinaio di realtà, partiamo dunque da una base considerevole uffici satellite distribuiti uniformemente su tutto il territorio.
.

Che caratteristiche hanno gli spazi scelti per offrire la “sede di lavoro vicino a casa”? E che dotazioni verranno messe a diposizione delle persone che parteciperanno alla sperimentazione?

Gli standard sono quelli previsti per i luoghi di lavoro, dunque spazi che rispettano le normative sulla tutela della salute e della sicurezza del lavoratore, le misure per il contenimento della diffusione del Covid, l’accessibilità alle persone con disabilità… Caratteristiche ampiamente rispettate dai coworking che rientrano nell’albo del comune di Milano.
Dal punto di vista delle dotazioni, con l’adozione dello smart working, il Comune è chiamato a fornire i supporti tecnologici necessari per svolgere la propria attività da remoto, in molti casi predisponendo la sostituzione dei computer da tavolo con computer portatili.
.

Quali le aspettative in termini di raggiungimento degli obiettivi lavorativi?

Durante il primo lockdown abbiamo verificato che il lavoro da remoto non andava a impattare negativamente sul rendimento delle persone. Anzi in molti casi, si è visto che è stato smaltito del lavoro arretrato, il che significa che il lavoratore che opera in smart working è più performante. Tutti gli indicatori ci dimostrano come la qualità stessa del lavoro sia migliorata soprattutto perché il lavoratore si sente più gratificato, per una migliore qualità della vita, non essendoci il tragitto casa al lavoro e per la possibilità di conciliare meglio impegni personali e impegni lavorativi.
.

Che riflessi avrà il “near working” sulla città di Milano?

Con il near working si introduce un cambiamento di prospettiva, che vede al centro gli spazi della città, con le loro differenti funzioni, sempre meno statiche e più ibride.
L’idea è che la città debba mettere in campo strategie di adattamento che agiscano su due dimensioni principali, il tempo e lo spazio. Il lavoro incide su entrambe le dimensioni. Può contribuire significativamente all’obiettivo della desincronizzazione degli orari della città, evitando gli spostamenti massicci di persone durante le ore di punta, e può aiutarci a centrare l’obiettivo della città policentrica, distribuendo diversamente il lavoro negli spazi urbani.
Di fatto modificano i flussi di traffico tra periferia e centro, con meno lavoratori che si spostano per raggiungere la sede di lavoro e più persone che vivono il quartiere. Si va a creare un’azione di valorizzazione del tessuto urbano periferico. Non spostandosi il lavoratore tende a vivere maggiormente il quartiere, a usufruire dei servizi e delle attività commerciali. Si inverte la logica dei quartieri dormitorio.
.

Quali potranno essere gli sviluppi futuri?

L’evoluzione è quella di richiamare il concetto di “città dei 15 minuti”, a misura d’uomo e rispettosa dell’ambiente. Ogni singolo cittadino potrà svolgere la propria attività lavorativa con un tempo di percorrenza di 15 minuti rispetto al proprio domicilio, per vivere al meglio la città. Quindi non essendo più obbligato a lunghe trasferte, il cittadino ha la possibilità di vivere sotto casa tutti i servizi. E questo comporta in modo indiretto un processo di riqualificazione dei quartieri periferici. Il “near working”, dunque, completa e rende più sicura e ricca la parabola dell’impresa di prossimità e il valore sociale, oltre che economico, degli esercizi di vicinato, artigiani e commerciali, la nuova manifattura, ecologica e sostenibile, i servizi pubblici e privati, il welfare territoriale. Oggi l’ibridazione degli spazi è un valore aggiunto, che si regge sulla sostenibilità dei servizi che vanno a convivere, sulla loro capacità di migliorarsi, grazie alla tecnologia e allo sforzo di innovazione sociale di chi li anima. Nei mesi della pandemia, a fronte del crollo del commercio nelle vie del centro, i negozi in periferia hanno sofferto meno e questa riscoperta del vicinato è un’eredità che dobbiamo coltivare. In prospettiva tutto questo potrà portare benefici nello sviluppo territoriale, dal punto di vista economico per quelle che sono le cosiddette attività di vicinato, ma anche dal punto di vista sociale per la riqualificazione che ne scaturisce su più livelli.


Paola Cecco

Laureata in architettura presso il Politecnico di Milano, ha svolto attività progettuale presso studi professionali dove ha affrontato la progettazione di edifici residenziali e del terziario. Nel 2001 entra a far parte della redazione di Officelayout, la rivista per progettare, arredare e gestire lo spazio ufficio. Ambito nel quale si occupa delle tematiche relative all’illuminazione, alle nuove tecnologie e all'allestimento degli spazi di lavoro con focus sulla sostenibilità dei luoghi e sul benessere delle persone in azienda. Dal 2014 coordina le attività editoriali e i convegni sviluppati e promossi dalla testata Officelayout.

Officelayout è la rivista di Soiel International, in versione cartacea e on-line, dedicata ai temi della progettazione, allestimento e gestione degli spazi ufficio e degli edifici del terziario

Soiel International, edita le riviste