David Watts,

Managing director di CCD Design& Ergonomics

David Watts, managing director di CCD Design& Ergonomics, studio con sede a Londra e attivo da oltre quarant’anni nella definizione di progetti basati sull’ergonomia, descrive il ruolo di questa disciplina nel percorso di progettazione per un ambiente lavorativo. Perché, oggi, l’ergonomia non può più essere sinonimo di singole scelte, ma deve corrispondere a un approccio più ampio e a una prospettiva aperta, capace di trovare il giusto equilibro fra movimento e concentrazione, fra richiesta delle aziende e dei dipendenti, fra presenza della tecnologia e ritorno all’umanità. Obiettivo: il benessere dell’utente.

Quali sono i nodi progettuali nella realizzazione di spazi ufficio a misura d’uomo?

Gli argomenti più importanti a cui porre attenzione riguardano la comprensione delle diverse attività che verranno intraprese in un determinato spazio di lavoro. Di solito consideriamo il volume e la forma dello spazio, quello che contengono (posti a sedere, scrivanie o altro), l’orientamento, l’interazione fra gli spazi e la necessità di avere a disposizione sia aree aperte che riservate e silenziose. La combinazione di tutti questi elementi può fare la differenza nell’ottenere uno spazio di lavoro di successo oppure uno che, come conseguenza degli errori di progetto, ha un impatto negativo su chi lo vive.
Consideriamo, fra le priorità, dare alle persone libertà di movimento, sia per tutelare la loro salute, sia perché permette una diversa percezione dello spazio. In sintesi, dobbiamo cercare di considerare e capire se un determinato spazio sarà in grado di contribuire a rendere più semplice il metodo di lavoro di ciascuno. È fondamentale comprendere quali sono i bisogni individuali e rispettarne la diversità anche attraverso la progettazione. Dobbiamo cercare di avere una visuale complessiva e andare oltre i punti di vista pratico, fisico e funzionale, per dare la priorità alle necessità emotive e al benessere complessivo. C’è sempre una ricerca di equilibrio fra richieste dell’azienda e quelle degli individui e, per quanto sia chiaramente impossibile prevedere arredi su misura per ogni progetto, avere fra le priorità la soddisfazione dei lavoratori contribuisce a creare ambienti di lavoro più efficienti.

Come si può combinare la progettazione di spazi condivisi con le necessità dei singoli?

Progettare per il singolo è una sfida complicata e i progettisti dovrebbero riuscire a prevedere gamme di soluzioni articolate e diverse fra loro. Molto spesso si tratta solo di comprendere meglio quali sono i tipi di attività previsti in uno specifico ambiente e a quali comportamenti corrispondono. La sfida è particolarmente difficile quando il committente, ad esempio, è una multinazionale che cerca di stabilire uno standard, perché dovrebbe essere maggiormente diffusa la consapevolezza che se un lavoratore non ha la sensazione di poter controllare il proprio ambiente, si sentirà meno legato e quindi meno efficiente. Lo standard può essere utile nelle primissime fasi di progetto, ma quando si arriva all’interior design è necessario che ogni ambiente abbia una propria identità legata alle necessità di quello specifico spazio.
Ci sono alcuni temi che sono particolarmente problematici e discussi; fra questi i sistemi di prenotazione per le scrivanie che, per quanto permettano di ridurre la superficie dell’ufficio, creano nell’utente una sensazione di instabilità e una componente di stress. Un altro tema riguarda lo studio delle varie tipologie caratteriali, fra introversi ed estroversi, e le loro relative tipologie d’elezione, dalle scrivanie aperte ai moduli chiusi. Ma, per concludere, avere una visuale aperta e cercare di trovare la soluzione per ciascuno obbliga anche ad accettare che nulla è perfetto e che il compromesso è spesso la miglior soluzione per tutti.

Quali sono i sistemi di arredo più efficaci, in questa ottica?

Non crediamo che ci siano un’unica risposta e un’unica soluzione a questa domanda, perché dipende dalla natura del lavoro. Se una persona è seduta alla scrivania per la maggior parte del tempo, allora investire in sistemi sit-stand può essere una buona alternativa, così si offre la possibilità di cambiare spesso postura. Ma, per la nostra esperienza, pochissime persone amano lavorare fissi alla scrivania, quindi si potrebbe trattare di un investimento inadeguato. La chiave di lettura più importante è che le persone non sono “progettate” per stare in piedi o sedute per lunghi tempi ma per spostarsi. Quindi, dal punto di vista del design, è necessario mettere in atto un approccio più olistico, creare un layout che incoraggi gli spostamenti, dando al movimento, anche in pianta, un ruolo principale. Non bisogna subire le mode e gli stili di tendenza che sul momento possono sembrare efficaci e di grande impatto ma spesso non sono in grado di contribuire alla ricerca di equilibrio di cui si parlava precedentemente.

Le aziende sono sensibili al tema?

Sì, noi crediamo che la maggior parte delle aziende comprenda il ruolo dell’ergonomia, ma spesso c’è un confine molto sottile e una certa confusione fra i concetti di salute e di sicurezza. Si pensa che l’ergonomia abbia a che fare con la postura e con la posizione dei monitor, in realtà il suo ambito d’azione è molto più ampio e riguarda il modo in cui l’intero ambiente di lavoro è progettato. Comprende, quindi, tanto il layout generale del progetto, quando l’interior design e gli arredi. Non consideriamo solo i singoli elementi, ma l’intero progetto con una visione olistica ed è proprio questa prospettiva aperta la parte più complessa da far comprendere alle aziende.

Che ruolo ha la tecnologia in questa prospettiva?

La tecnologia mobile e i data service su cloud hanno liberato molti lavoratori dalle loro scrivanie. Così il nostro desiderio, evidenziato in precedenza, di vedere le persone in movimento è stato agevolato proprio dalla tecnologia e credo che la possibilità di avere accesso ai dati e condividerli indipendentemente dalla propria posizione sia fantastica.
La tecnologia ha cambiato la natura di come le persone lavorano e App come Slack, Basecamp e Hangouts agevolano il flusso di lavoro. Tuttavia credo, allo stesso tempo, che siano da incentivare metodi di lavoro analogici, perché se l’interazione con la tecnologia non è alternata da momenti di contatto umano, aumenta lo stress e diminuisce l’efficacia della comunicazione. Dunque spazio anche a riunioni reali!

Secondo la sua esperienza, che ruolo ha l’ergonomia nel processo progettuale per un arredo?

I designer devono riuscire a mettere da parte i loro pensieri relativi alle necessità dei lavoratori e ascoltare il prossimo; l’ergonomia serve proprio a separare il proprio pensiero personale per aprirsi a quello degli altri. Uno dei punti di forza dell’ergonomia, infatti, è che obbliga a essere completamente centrati sull’utente, coinvolgendoli nel processo di progettazione; è in questo modo che il design supporta il cambiamento in azienda.


Antonia Solari

Architetto e giornalista professionista, si occupa da diversi anni di contenuti relativi all'edilizia, a progetti di architettura e design e all'innovazione in questi ambiti, con particolare approfondimento sulle soluzioni sviluppate per contenere l'impatto sull'ambiente. Come freelance, scrive per diverse testate e si occupa di branded content

Officelayout è la rivista di Soiel International, in versione cartacea e on-line, dedicata ai temi della progettazione, allestimento e gestione degli spazi ufficio e degli edifici del terziario

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