Sergio Alberto Codella

Socio dello Studio legale Boursier Niutta & Partners e segretario generale dell’Associazione Italian Digital Revolution

L’avvocato Sergio Codella dello studio legale Boursier Niutta & Partners e segretario generale dell’Associazione Italian Digital Revolution, spiega cosa è cambiato con la “nuova” legge in materia di smart working e di sicurezza del lavoro.

Lei è un avvocato giuslavorista da sempre attento alle novità che interessano il mondo del lavoro. Ci può illustrare cosa è accaduto in materia di smart working?
Nel giugno 2017 è entrata in vigore la Legge 22 maggio 2017, n. 81, che definisce una disciplina normativa proprio in materia di smart working. Il lavoro ‘agile’ è stato configurato come una sorta di ‘patto’, a tempo determinato o indeterminato, che si può aggiungere a un ‘normale’ rapporto di lavoro subordinato. Il dipendente potrà svolgere la propria attività anche al di fuori dei più tradizionali luoghi e tempi di lavoro alle condizioni stabilite dall’intesa. La normativa consente, quindi, al datore di lavoro e al lavoratore, con determinati limiti, di raggiungere un accordo su misura che tenga conto delle rispettive esigenze al fine di permettere la massimizzazione dei reciproci vantaggi.

Quali sono i vantaggi per le aziende e i lavoratori?
I vantaggi sono molteplici sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro. Non è trascurabile notare che anche il Legislatore si sia reso conto di ciò, riconoscendo espressamente il lavoro agile come uno strumento che permette, da un lato, di incrementare la competitività e, dall’altro, di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In molti casi in cui sono stati implementati modelli di smart working si è verificato un miglioramento della produttività per il datore di lavoro, ma anche un aumento della soddisfazione e della responsabilizzazione per il dipendente unitamente ad una sua facilitazione per le esigenze di vita personali e familiari.
Inoltre, implementare un sistema evoluto di smart working può significare anche ridefinire gli spazi di lavoro, con una sempre maggiore attenzione verso l’ideazione e la realizzazione di luoghi che non rispondano più ai vecchi modi di pensare gli uffici, ma che soddisfino esigenze di dinamismo ed elasticità sempre più presenti nell’attuale mondo del lavoro. ‘Ri-pensare’ i luoghi di lavoro può però essere anche un’occasione di risparmio, considerato che lo smart working consente una riduzione dei costi, diretti e indiretti, legati agli spazi fisici?
Innanzitutto, un primo aspetto importante è proprio il fatto che il Legislatore abbia sentito la necessità di intervenire direttamente su un fenomeno che, in realtà, si stava già diffondendo nel mondo del lavoro. Come spesso accade, infatti, il lavoro agile non è una soluzione giuridica ideata a tavolino, ma è un fenomeno già diffuso all’estero e che, negli ultimi anni, sta prendendo sempre più piede anche in Italia. L’intervento normativo è stato, quindi, certamente auspicabile e auspicato soprattutto da quelle aziende e da quei dipendenti che non si sentivano confidenti nell’affrontare una così importante novità sul modo di lavorare senza un appiglio normativo.
Quanto alla disciplina, vi sono dei punti di assoluto interesse. Basti al riguardo ricordare l’importanza data dal Legislatore alla redazione del patto tra datore e lavoratore che dovrà contenere una serie di elementi essenziali, tra cui: le forme di esercizio del potere direttivo e di controllo nel rispetto di quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori, l’individuazione delle condotte che possono determinare sanzioni disciplinari, la definizione dei tempi di riposo, la configurazione delle misure necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore, etc.
La disciplina legale ha anche chiarito che lo smart worker è tutelato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali e questo elemento contribuirà certamente a rendere maggiormente confidenti le aziende e i dipendenti che vorranno intraprendere tale percorso.
Non solo. La medesima Legge si è preoccupata di specificare che il dipendente ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il percorso di andata e di ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile. Ovviamente, però, tali scelte devono rispondere a criteri di ragionevolezza. Certamente questo aspetto è uno dei profili più delicati della disciplina normativa e sarà necessario verificare le soluzioni, anche di natura giurisprudenziale, che saranno applicate ai casi concreti.

In materia di sicurezza sul lavoro, la Legge n. 81/2017 cosa prevede?
La normativa stabilisce una disciplina in linea con lo spirito della Legge. Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e, per questa ragione, è tenuto a consegnare al dipendente e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
Anche il lavoratore è però responsabilizzato in materia di sicurezza, considerato che il dipendente è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, pur rimanendo il datore di lavoro responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al dipendente per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
La normativa sembra quindi offrire un punto di vista più responsabilizzante per il prestatore di lavoro, in quanto, a mio avviso, il datore di lavoro dovrà continuare a fornire al dipendente tutte le informative necessarie per svolgere la prestazione in sicurezza, ma il lavoratore sarà tenuto a cooperare attivamente per dare esecuzione a tali istruzioni.

Può fare un esempio?
Poniamo il caso dell’utilizzazione di sedie ergonomiche per lo svolgimento della propria attività. In un posto di lavoro tradizionale il datore di lavoro deve preoccuparsi di illustrare le relative istruzioni di utilizzo e anche di fornire uno strumento di lavoro che sia conforme ai precetti in materia di salute e sicurezza. Inoltre, il datore è tenuto a svolgere un controllo su quanto richiesto e, semmai, intervenire per correggere eventuali comportamenti inappropriati. Tale ottica è necessariamente diversa nel caso del lavoratore agile al quale, ovviamente, bisognerà chiarire che anche negli spazi esterni dovrà continuare a seguire le istruzioni impartitegli, ma sarà il medesimo lavoratore a doversi preoccupare di trovare strumenti ergonomici adeguati, con una maggiore responsabilizzazione per il dipendente.
Bisogna poi tenere presente che l’implementazione di modelli di smart working spesso coincide anche con un significativo ripensamento degli spazi aziendali interni e con una loro rivoluzione nel senso di abbandono di un approccio più tradizionale per abbracciare filosofie di suddivisione dei luoghi più moderne e funzionali. Peraltro la ridefinizione degli stessi spazi interni degli uffici per renderli maggiormente compatibili con il lavoro agile si è coniugata, in molti casi, non solo come un’occasione per un maggiore rispetto dei precetti legali in materia di salute e sicurezza, ma anche come un’opportunità per offrire ai dipendenti degli spazi maggiormente focalizzati al loro benessere.


Antonia Solari

Architetto e giornalista professionista, si occupa da diversi anni di contenuti relativi all'edilizia, a progetti di architettura e design e all'innovazione in questi ambiti, con particolare approfondimento sulle soluzioni sviluppate per contenere l'impatto sull'ambiente. Come freelance, scrive per diverse testate e si occupa di branded content

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